Trattasi di un documento che sintetizza un progetto, un’attività o un’iniziativa che può riguardare suo complesso, un singolo investimento o progetto, dunque il lancio di una start-up, vendere o acquistare un’azienda, individuare obiettivi o reperire/ristrutturare il proprio debito. Da differenziarsi rispetto al budget che è invece un documento di gestione aziendale che guida i manager verso obiettivi di breve periodo coerenti con il business plan.
Indice della guida
Chi usa il business plan e perchè
un business plan può essere realizzato per motivi e soggetti interni all’azienda oppure per terze parti, nella casistica di kpmg siamo solo nell’ipotesi in cui bisogna spiegare un processo di ristrutturazione extragiudiziale a terze parti ossia alle banche. Va da sé che un business plan può avere diverse forme e diversi contesti di presentazione e utilizzo dello stesso. Solitamente un indipendent business review (ibr) ne verifica la validità.
Elementi da considerare nella costruzione di un business plan
le proiezioni economico-finanziarie di un business plan sono il risultato di idee e ragionamenti sul futuro. Tutti questi ragionamenti che concorrono alla realizzazione di un business plan devono necessariamente partire dalla prima cosa che deve essere fatta in un business plan, ossia una pianificazione dei ricavi. Andranno osservate le assumpitions alla base dei risultati attesi, dunque svolgere un’analisi di:
- mercato, osservandone i trend;
- concorrenti, come avviene la competizione e quale sia il posizionamento competitivo;
- struttura economico finanziaria;
- trend macroeconomici, quali impatti dovuti a fattori macroeconomici;
- operation e organizzazione, se coerenti con gli scenari futuri.
Contenuto del business plan
il business plan è un documento molto più descrittivo che numerico, i numeri in questo caso sono una sintesi di tutti i ragionamenti fatti in merito al futuro di un’azienda. Il business plan dovrà contenere la strategia dell’impresa dunque il piano d’azione in un’ottica di lungo periodo (3-5 anni) e la relativa tattica dunque i metodi, strumenti e mezzi utilizzati nel breve termine (12 mesi) per conseguire gli obiettivi strategici. Nel tempo si è venuta formandosi una certa prassi nella costruzione del business plan e del relativo indice dei contenuti:
Executive summary e overview societaria
l’executive summary non è altro che un insieme di 10 slides con le quali, leggendole, si riesce a capire e inquadrare il senso complessivo e la progettualità del piano industriale, una sorta di estratto dell’intero business plan generalmente un business plan nel suo complesso si compone di circa 120/150 pagine serve perciò una sorta di estratto che ne faccia cogliere senso complessivo e progettualità, dopodiché l’interlocutore si porta a casa il piano per intero e dopo eventualmente pone delle domande. La overview societaria invece è molto semplicemente una descrizione delle attività dell’azienda, ovvero cosa fa l’azienda adesso, cosa ha fatto nel passato quindi, se vogliamo, un po’ una descrizione del business aziendale;
Settore di riferimento dell’azienda
il contesto di mercato a cui l’azienda si rivolge, ad esempio con quali prodotti, con quali tipologie di canali distributivi, in pratica qualsiasi tipo di informazione che possa aiutare a capire quelle che sono le peculiarità del settore aziendale;
Ambiente competitivo
si prendono come riferimento i principali competitor e si va a fare un’analisi di raffronto degli indicatori chiave come ebitda ed altri moltiplicatori di questi soggetti rispetto a quelli dell’azienda in esame. Queste due hanno un focus esterno;
Analisi della performance storiche
quando il diretto interlocutore è una banca alla quale viene richiesto una rinegoziazione del debito, occorre spiegare in modo chiaro ed esaustivo come si è arrivati al punto cruciale della crisi, quali sono le ragioni della crisi e quali sono i risultati storici ottenuti fino a quel momento. Questo è un elemento fondamentale per poter contestualizzare tutta l’operazione. Questo 4° punto dell’indice è stato aggiunto per poter riadattare l’indice di carattere più generale alla specifica situazione di un processo di ristrutturazione del debito che vede negoziare banche e impresa;
Srategia realizzata
nient’altro che tutto ciò che l’azienda è stata capace di fare a livello strategico, i successi principali e qualsiasi altro traguardo portato a termine dall’azienda;
Action plan
da questo punto inizia a prendere corpo il concetto di business plan dove vengono spiegati quelli che sono gli assunti di base sulla base dei quali far crescere l’azienda, per esempio focalizzandosi su prodotti che hanno più margine rispetto ad altri, vendere attraverso nuovi canali distributivi e presidiare nuovi mercati; politiche di risparmio dei costi, migliorare la riscossione dei crediti, regolare in maniera diversa il rapporto con i fornitori. Qualsiasi tipologia di intervento che possa avere un “impatto numerico misurabile”, ovviamente, ma purtroppo non è così ovvio in molti casi, devono essere fatte tutta una serie di considerazioni che mi consentono di dare una proiezione dei ricavi che sia coerente con l’azienda stessa e con il suo ambiente;
Proiezioni finanziare
trattasi, nello specifico, degli impatti numerici degli interventi previsti dall’action plan, ossia un riflesso economico- finanziario dell’action plan stesso;
Richieste negoziali
vengono espresse richieste di negoziazione del debito alle banche poiché, quasi sempre, accade che le proiezioni finanziarie in termini di flussi di cassa futuri non siano sufficienti a coprire gli impegni finanziari contratti nei confronti delle banche, detto ciò vengono appunto richiesti dei dilazionamenti del debito oppure nuova finanza capace di sostenere gli investimenti previsti dall’action plan. Per tirare le fila vengono fatte una serie di richieste agli istituti di credito per poter permettere all’azienda di continuare ad operare e a crescere;
Allegati
includono tutti ulteriori dettagli che riguardano tutto il processo di costruzione di un business plan descritto finora.
Come analizzare un business plan
ora che abbiamo identificato il contesto nel quale ci muoviamo, ovvero quello di una società all’interno di un processo di ristrutturazione del debito, le banche che non hanno la capacità tecnica per analizzare nel dettaglio un business plan in contesti complessi chiamano per esempio kpmg come soggetto terzo capace di analizzare il piano industriale e suggerire la validità e realizzabilità di tale piano. Analizzare un business plan significa:
valutare l’attendibilità delle assunzioni:
capire e comprendere le ipotesi più rilevanti del piano industriale e valutarne la fondatezza. Ad esempio, un’azienda che produce merendine redige un business plan che prevede una crescita annua dei ricavi del 5% a fronte di un mercato praticamente stabile e che quindi fa zero. È chiaro che difronte a tale ipotesi, in cui si ha una crescita costante a fronte di un mercato stagnante, è doveroso per chi fa ibr mettere in discussione le assunzioni di questo piano ed interrogare il management per capire come intende raggiungere questo obiettivo per capire quanto siano attendibili. In linea generale è chiaro che, al di là del caso specifico, avere una pianificazione dei ricavi e delle assunzioni di base che siano coerenti e stabili rispetto alle capacità dell’azienda e alle dinamiche di mercato, induce a mettere meno in discussione le assunzioni di un business plan da parte di chi fa ibr.
Verificare la coerenza interna del piano:
significa valutare se tutte le assunzioni che sono state fatte nel piano siano correttamente riflesse all’interno dei prospetti economici, patrimoniali e finanziari. Si va a valutare la realizzabilità dell’action plan soprattutto in termini temporali rispetto a quelle che sono le capacità proprie dell’azienda, individuando anche l’esistenza di nessi causali tra action plan e proiezioni economico-finanziarie. Valutare la crescita del fatturato significa osservare la capacità produttiva dell’impresa e anche della sua capacità distributiva. Continuando con l’esempio di prima dell’azienda di merendine che sostiene una crescita futura del 5% annuo, potrebbe voler dire andare a verificare tale ipotesi nei prospetti di sintesi economico-finanziaria e scoprire che in questi i ricavi crescono al massimo del 3%, in questo caso si ha un’incoerenza tra le assunzioni dell’action plan e quanto dimostrato nelle proiezioni economico-finanziarie.
Esaminare la sostenibilità finanziaria del piano:
significa valutare se il business plan sotto esame è capace o meno di avere fonti di finanziamento e quindi si va a valutare anche la capacità dei flussi di cassa futuri di coprire o meno il fabbisogno di investimenti e di capitale circolante. Continuando con l’esempio delle merendine si potrebbe avere il vertice aziendale che sostiene di raggiungere un 5% di crescita grazie ad una nuova innovazione di prodotto che, per essere implementata, ha bisogno di un investimento in un nuovo macchinario. In questo caso esaminare la sostenibilità finanziaria vuol dire comprendere se le risorse finanziarie necessarie alla realizzazione di questo nuovo investimento esistono o meno, posso avere il business plan più bello del mondo ma se non ho le risorse finanziarie per realizzarlo faccio ben poco.
Stesse verifiche devono essere adottate anche da chi costruisce un business plan.
Interviene stefano: ipotizziamo una verifica della coerenza interna del piano, ipotizziamo di avere un mercato generoso con delle proiezioni di crescita del 20% ogni anno e l’imprenditore, in questo caso, è anche prudente e si aspetta di crescere solo del 10% annuo; parte da un fatturato di 100 all’anno zero che l’anno dopo è 110, il secondo anno è 121, il terzo anno è 133 e, se il mio business plan è di 5 anni, arrivo in fondo che, ragionevolmente, il fatturato è di circa 160. In questo caso, intanto, con una assunzione del genere, bisogna subito verificare la capacità produttiva e vedere se il piano ne tiene conto poiché, non basta solo avere il mercato che cresce ma deve essere anche l’azienda pronta ed in grado di produrre. Bisogna poi tenere conto anche del nwc che, molto probabilmente data la crescita, impatterà negativamente sulla capacità dell’azienda di creare liquidità. Coerenza interna del piano, quindi, vuol dire anche “bravi tutti a crescere, ma bisogna anche tenere conto di tutte le cose in più da dover gestire collegate a tale crescita”. Fine intervento.
Il processo tipico di analisi del business plan
iniziamo l’analisi e il materiale che ci troviamo davanti è: un conto economico, uno stato patrimoniale, dei flussi di cassa e tutte quelle che sono le assunzioni dell’action plan alla base di questi tre prospetti economico-finanziari. Occorre innanzitutto valutare e verificare tutte le assunzioni dell’action plan, dopodiché chi è incaricato di fare ibr è chiamato ad esprimere un “giudizio di ragionevolezza”, è la prima cosa richiesta da parte del soggetto mandante per capire se il piano industriale che è stato presentato “tiene o meno” ed è quindi l’elemento più importante di un ibr. Al termine del processo di analisi di un business plan viene fatta un’analisi di sensitivity ovvero uno stress test degli assunti più rilevanti dell’action plan al fine di verificarne la realizzabilità.
Ricavi
la prima cosa da valutare e blindare in un business plan sono i ricavi, come abbiamo già visto, nella pianificazione di un business plan tutto deriva da una corretta pianificazione dei ricavi. Possono essere utilizzate principalmente due logiche nella definizione dei ricavi:
Approccio top-down
si attua semplicemente prendendo i ricavi degli anni precedenti e, in base a questi, stimare quelli che saranno i ricavi successivi. Questo metodo è profondamente sbagliato ma, purtroppo, ad avviso del dott. Puglisi, ancora il 70/75% dei casi ragiona seguendo questo approccio;
approccio bottom-up: si tratta di una pianificazione dei ricavi che ha come base le variabili più rilevanti all’interno di ogni specifico caso aziendale, vale a dire, effettuare una pianificazione dei ricavi che parte, per esempio, dalle singole linee di prodotto che, a loro volta, possono essere aggregate in determinati gruppi (prodotto, canali distributivi, area geografica, ecc.). L’obiettivo è quello di, partendo dal basso, fornire una pianificazione dei ricavi che sia la più dettagliata possibile, utile anche a poter meglio valutare la “bontà” del piano industriale.
Quando vado a pianificare i ricavi complessivi, partendo dai ricavi del singolo prodotto, quindi secondo un approccio bottom-up, si ha bisogno di 2 grandezze/misure fondamentali che sono: prezzo e quantità. A seconda delle leve strategiche che sono a disposizione dell’azienda, una pianificazione dei ricavi può raggiungere la crescita attraverso: l’aumento del prezzo, l’aumento delle quantità o entrambe le grandezze. L’importanza di un approccio bottm-up sta anche in questo rapporto prezzo-quantità come determinante del valore dei ricavi poiché, per riuscire a calcolare quelli che saranno i costi, devo capire come la strategia del piano si basa sui prezzi piuttosto che sulle quantità o su entrambi, capire come i ricavi sono determinati dal rapporto tra prezzi e quantità ci aiuta a capire l’entità dei costi e l’impatto che le assunzioni del piano hanno sui costi stessi.
Facciamo un esempio: se passo, grazie all’incremento del prezzo, dall’anno “n” con ricavi pari a 100, all’anno “n+1” con ricavi che vanno a 110, ragionevolmente, non dovrei aspettarmi nessuna variazione di costo dall’anno “n” all’anno “n+1”. Il +10 di ricavi, in questo caso, mi andrebbe semplicemente ad ampliare positivamente il margine da un anno all’altro. A questo punto, per verificare le assunzioni che prevedono un aumento di prezzo, c’è da valutare se il mercato questo aumento di prezzo lo consente o meno e, per fare ciò, al fine di vedere se c’è una coerenza tra le assunzioni e l’ambiente, si vanno tipicamente a prendere le stime di settore che ci danno delle informazioni su cosa può fare o meno un determinato mercato. Se mettiamo caso che dalle stime di settore emerge che il margine di crescita del prezzo è pari a zero, a fronte dell’aumento prefissato dall’azienda rimane da capire se ci siano, effettivamente, delle caratteristiche di differenziazione rispetto ai competitor tali per cui ha senso poter aspettarsi una crescita legata al prezzo.
Se invece passiamo ad un piano che fonda la sua crescita sulla leva della quantità anziché sul prezzo, significa dover tenere conto anche dell’aumento dei costi in funzione delle quantità stesse.
Effetto prezzo e effetto quantità
nei casi di business plan più semplici e quindi meglio costruiti si ha una esplicitazione delle assunzioni sui prezzi e sulle quantità ma, purtroppo, non è così facile trovare business plan ben costruiti. Solitamente per valutare quelli che sono i ricavi e gli andamenti storici degli stessi bisogna fare attenzione a due dimensioni:
- effetto prezzo: quanto incremento del fatturato/ricavi è dovuto da un incremento del prezzo di vendita. Effetto prezzo = q0 (p1 -p0) + (p1 -p0) (q1 – q0)
- effetto volume: quanto incremento del fatturato/ricavi è dovuto da un incremento delle quantità vendute. Effetto quantità = p0 (q1 – q0)
la coerenza di un piano industriale si valuta non solo rispetto ciò che fa il mercato, ma anche rispetto a ciò che storicamente, negli anni più recenti, ha fatto l’azienda, l’effetto prezzo e l’effetto quantità sono strumenti fondamentali per analizzare il confronto con il recente passato dell’azienda e con i trend di mercato passati e attesi ai fini di una valutazione della realizzabilità del piano.
Il cagr è un utile strumento ai fini della nostra analisi in quanto ci permette di calcolare la crescita media di una qualunque grandezza lungo un determinato arco di tempo, per esempio può aiutarci a confrontare determinate grandezze del business plan con dati storici che riguardano la crescita media delle quantità, dei prezzi, dei singoli prodotti ecc.
Riprendendo il nostro esempio delle merendine: ho l’imprenditore che sostiene di crescere del 5% a fronte di un mercato stagnante, ogni imprenditore e ogni azienda hanno una storia che va ben individuata e studiata, con questo si vuole dire che se il nostro imprenditore ci dimostra che negli anni più recenti quella crescita è riuscito a farla, significa che ha le leve strategiche per fare quel 5% e che le sue ipotesi ed il suo piano hanno dei dati storici sui quali fondarsi. Se invece, mettiamo caso che negli anni più recenti avesse fatto peggio della concorrenza e raggiunto livelli ben inferiori al 5%, è evidente che, in questo caso, l’action plan e le relative assunzioni debbano essere messe chiaramente in discussione a causa di una marcata infondatezza. Quanto più è lontano il business plan dalla storia dell’azienda e dalle dinamiche di mercato e quanto più deve essere messo in discussione e sottoposto a stress test e analisi di sensitivity. Un business plan va sempre analizzato sotto una doppia ottica: cercare di capire cosa ha fatto e cosa farà il mercato, e capire il contesto nel quale l’azienda opera e si è mossa nel corso del tempo.
Interviene stefano: ricordiamoci l’esempio del venditore di vino, in ottica di pianificazione dei ricavi sapere di avere contratti con la gdo già in pancia per i prossimi 2/3 anni mi consente di approcciarmi al futuro in una situazione diversa, rispetto ad un soggetto che quel contratto con la gdo non ce l’ha e vende tramite l’enoteca. Quando arrivo a fare il piano avrò 2 punti di partenza diversa: il primo dovrà chiedersi quanto, in termini di quantità, può tirare la gdo. La risposta a questa domanda, tendenzialmente, è un po’ più facile da prevedere grazie alla presenza di varie statistiche di mercato, un po’ più difficile da prevedere è invece ciò che dovrà chiedersi quello che vende tramite l’enoteca che, nello specificò, si interrogherà su quante persone andranno in enoteca a chiedere il suo vino. Se poi ribaltiamo questi 2 interrogativi sul lato del prezzo è chiaro che, tendenzialmente, quello che lavora con l’enoteca avrà un po’ più di margine rispetto a quello che lavora con la gdo. Mettiamo caso che un’azienda che storicamente ha sempre venduto in enoteca pianifica di crescere entrando nella gdo ed aumentando anche il prezzo, è chiaro che vanno fatte le dovute verifiche delle assunzioni del piano poiché, una strategia del genere, per essere realizzabile, deve avere un prodotto ed un mercato molto forti. Fine intervento.
Come detto in precedenza ogni settore ha le proprie peculiarità e, generalmente, per quanto riguarda l’analisi di un business plan ci si può trovare davanti a 2 casistiche che sono un po’ agli antipodi: ci si può trovare a dover fare un’analisi che, per natura del business, è più incentrata sui ricavi e un’analisi che invece, sempre per la natura del business, è più incentrata sui costi. Facciamo qualche esempio: aziende che producono a ciclo continuo o aziende che lavorano su commessa sono in grado fornire un’ampia visibilità dei dati sugli andamenti dei ricavi, in questi casi quando si va a fare una valutazione del business plan, soprattutto per i primi anni, la prima cosa da fare è capire qual è la percentuale di ricavi che già sono nella pancia dell’azienda rispetto a quanto pianificato. Diverso è il caso dell’aziende che, per esempio, fanno infrastrutture e lavorano per il pubblico, in questi business i ricavi si basano su dei contratti che spesso si ottengono in seguito alla vincita di una gara. L’analisi dei ricavi in queste aziende avrà meno importanza grazie alla presenza di contratti che garantiscono determinate cifre e, di fatti, ci si concentra su altri aspetti quali i costi. Quindi ricapitolando un attimo, in un business plan i ricavi sono la prima cosa da vagliare e da blindare a meno che, come nel caso appena analizzato di una società che lavora per il pubblico, non si abbia grazie ai contratti quasi tutto sotto controllo perché, in questi casi, diventa un mero esercizio di analisi dei contratti.
I costi
la pianificazione dei costi può essere più o meno semplice o complessa, un caso relativamente semplice è quando si hanno i ricavi che da un anno a un altro non variano e quindi, a parità di ricavi, le differenze a livello di costo che si possono avere dipenderanno sostanzialmente dal mix di prodotti venduti. Quindi, una delle prime cose da comprendere a livello di impatto sui costi, oltre a tutto ciò che concerne i ricavi, i prezzi e le quantità degli stessi, è se il mix di prodotti del piano industriale riflette o meno la recente storicità dell’azienda.
Pianificazione costi – 2 tipologie
i costi variano perché varia il mix di vendita mentre ho una struttura di costo che, essendo che l’unica variazione di costo dipende dal mix di vendita ed il modo di fare business non cambia, la struttura di costo rimane sostanzialmente la stessa rispetto a quella precedente al piano industriale;
potrei vendere esattamente le stesse quantità con lo stesso mix di vendita ma, in questo caso, si possono avere una struttura di costo che, rispetto a quella precedente al piano industriale, è completamente differente. Risulta ovvio che in questo caso le assunzioni del piano necessitano di una maggiore attenzione su quella che è la struttura del costo.
La struttura del costo, ovviamente varia a seconda del settore, mediamente ha al suo interno manodopera, materie prime, energia ed è chiaro che, a parità di volumi e di mix di vendita, generalmente è più difficile intervenire sul costo del lavoro piuttosto che manovrare le leve di costo di energia e materie prime.
Ad esempio si potrebbe ricercare un incremento del margine (riduzione del costo) agendo sul costo delle materie prime: invece di fare un acquisto mensile, concentro tutto il fabbisogno in 2 soli acquisti annui e cerco così di avere uno sconto sul prezzo. Un’azione del genere avrà principalmente 2 implicazioni: il conto economico avrà un vantaggio di riduzione del costo unitario mentre, a livello complessivo, può avere delle ripercussioni importanti sul ciclo finanziario dove avrò 2 grandi uscite concentrate in due soli periodi dell’anno. Una manovra del genere, quindi, potrebbe dare vantaggio economico ma causare una grossa perdita in termini finanziari, qui la differenza sta tra complessivo e sostanziale, in termini complessivi si ha un vantaggio legato al margine, in termini sostanziali devo capire se l’azienda sarà in grado o meno di supportare finanziariamente una strategia del genere.
Per esempio, mettiamo caso che una materia prima fosse l’azoto che, tipicamente, è caratterizzato da un prezzo molto variabile che segue una logica di quotazione sul mercato, in questo caso sarà più difficile per un’azienda prevedere quel costo, sarà opportuno comprendere se l’azoto ha una variabilità di prezzo molto importante o meno e, per fare ciò, si deve analizzare ciò che storicamente è successo sul mercato dell’azoto. Se mettiamo caso fosse ai minimi storici di prezzo sul mercato e, nel piano industriale un’azienda per i prossimi 5 anni prevede un prezzo dell’azoto che è stabile, è chiaro che, dato il contesto, c’è da porsi qualche domanda poiché, verosimilmente, il prezzo tornerà a crescere. In questo caso, al fine di neutralizzare le possibilità che questi costi un domani possano tornare ad aumentare, sarebbe opportuno fare un business plan che incorpori una media dei 5 anni precedenti a livello di costo dell’azoto anche perché, le capacità di ribaltare sul prezzo in costo di acquisto delle materie prime è spesso limitata.
Questi sono un po’ i procedimenti da seguire per arrivare a vagliare e blindare quello che è il conto economico, un’altra analisi chiave è quella relativa al costo del personale specialmente per quelle che sono considerate le funzioni chiave.
Investimenti, capitale circolante e sostenibilità finanziaria
partendo dall’assunto di aver blindato il conto economico si procede parlando un po’ di aspetti finanziari. Lo schema dei flussi di cassa parte dal concetto di redditività che è misurato dall’ebitda. Possono esserci dei settori dove l’ebitda è una rappresentazione più o meno veritiera di quello che succede nella casa ad altri settori dove invece l’ebitda non è capace di approssimare la cassa. Tra l’ebitda e la casa ci sono delle grandezze che possono influire sulla più o meno buona rappresentazione dello stesso in termini di cassa, per esempio il nwc, le tasse e tutto ciò che riguarda gli investimenti.
Un settore dove l’ebitda è “molto vicino” alla cassa è un settore con pochi investimenti ed una gestione del circolante praticamente nulla, la gdo in questo senso è l’esempio principe. Un settore dove invece l’ebitda è lontano da ciò che è la cassa è, per esempio, un settore dove la crescita costa molto in termini di investimenti e dove si pagano i fornitori molto prima di incassare e che quindi, ha un circolante che ha una grandezza importante. Un esempio dove la crescita costa molto è il settore farmaceutico che ha degli altissimi costi in investimenti ed in res. Risulta evidente che un settore dove il circolante ruota molto velocemente non genera rilevanti problematiche finanziarie mentre, dove il circolante ruota molto poco e la crescita costa molto, dovranno essere fatte delle accurate valutazioni e verifiche sul piano finanziario.
Parliamo ora di debiti: ho lo stato patrimoniale e poi mi vado a trovare determinati giorni di rotazione dei pagamenti, mediamente, mettendo in relazione i debiti con il monte acquisti trovo una rotazione di 150 giorni ovvero, da quando stacco la fattura a quando la pago passano mediamente 150 giorni. L’anno successivo ricalcolo il rapporto e, indipendentemente da cosa fanno monte acquisti e debiti mi risultano sempre 150 giorni. Che criticità può avere questa proiezione? Per concettualizzare, nell’anno precedente si pagavano i fornitori in media ogni 150 giorni e, il mio business plan lo proietto sempre a 150 giorni perché storicamente ho fatto così. Intanto possiamo osservare che, se storicamente da diversi anni a questa parte i debiti girano a 150 giorni, significa che ho una base di fondatezza con la quale misurarmi, tuttavia una ulteriore verifica di questa ipotesi è doveroso farlo perché 150 è pur sempre un valore medio, e le medie sono sempre troppo lunghe e ho troppo corte. All’interno di questo valore posso avere situazioni molto diverse che possono essere più o meno distanti dalla media, per esempio: negli ultimi anni posso avere una bassa variabilità dei pagamenti rispetto alla media dei 150, ovvero ho un range tra 145 e 155, tuttavia potrei anche avere altri anni in cui ho una variabilità più alta rispetto alla media con un range tra 90 e 210; quest’ultima situazione è molto più pericolosa e merita molta più attenzione. Il rischio è che nel redigere il business plan posso avere una media storica della rotazione dei debiti che non è indicativa di quello che dovrebbe essere il mio comportamento con i fornitori all’interno del settore, e questo scostamento tra media e realtà emerge tantissimo dai business plan
questo esempio ci serve per capire che ogni posta all’interno di un business plan va approfondita indipendentemente dal fatto che bisogna sempre avere una coerenza con il dato storico. Indipendentemente dalla coerenza delle varie ipotesi con i dati storici occorre sempre approfondirle e verificarle perché altrimenti si rischia di perdere trascurare determinati aspetti che, mediamente non hanno impatto ma, presi singolarmente, possono anche risultare devastanti. Nel caso precedente che riguardava la rotazione dei pagamenti verso i fornitori, se ci fossimo basati solo sulla media, ci saremmo persi una serie di pagamenti che avremmo dovuto fare per non incorrere in eventuali rischi che potrebbero impattare negativamente sui flussi di cassa riducendo la capacità dell’azienda di far fronte ai pagamenti. Il rischio di basarsi sulle medie è proprio quello di ritrovarsi nella realtà con meno cash di quanto previsto affinché sia sufficiente a ripagare le banche e continuare ad operare.
Analisi di sensitivity
tutto il processo di ibr si chiude con una sensitivity, ovvero mostrare al tuo interlocutore cosa può accadere al business plan e alla capacità di creare cassa quando si vanno a modificare più o meno marcatamente degli assunti di base o fondamentali dell’action plan. Occorre mappare tutte le assunzioni ed individuare quelle principali, bisogna capire anche quali sono gli assunti più rischiosi del piano e dare una prova di cosa può accadere ai flussi di cassa nel caso in cui, quegli assunti, subiscano delle variazioni, possano non verificarsi o si verifichino solo in parte.
Suggerimenti di fine lezione: quali sono le caratteristiche fondamentali per un ibr? Validazione delle ipotesi; verifica della coerenza interna delle ipotesi rispetto a quello che mostrano i prospetti economico-finanziari; verifica della sostenibilità finanziaria delle ipotesi, ovvero capire se effettivamente il cash che ci serve ce lo abbiamo o meno e se è il caso o meno di chiedere nuova finanza alle banche. Se questi tre elementi si riescono a chiudere e a completare allora si riesce a mostrare quello che è un piano industriale sensato.